Nella tradizione della cultura occidentale, e nell’insegnamento delle religioni giudaico-cristiana e islamica, il concetto di anima ha in genere il significato di un’entità stabile, permanente, autonoma e unitaria. E’ qualcosa che “c’è” o “non c’è”. Viene associata esclusivamente all’essere umano, e in senso individuale.
Per il materialismo, che è poi l’ala “ufficiale” della scienza meccanicista ed ha oggi un notevole séguito in Occidente, l’anima non esiste, e il pensiero si riduce a una specie di secrezione del cervello: nessuna considerazione per la mente cellulare-sistemica conseguente alla persistenza temporanea di un sistema altamente complesso, anche dopo una degenerazione cerebrale.
Le concezioni di cui sopra richiedono come necessaria la definizione precisa del momento della morte, cosa di cui oggi la scienza medica dubita fortemente.
Alla luce delle conoscenze attuali della scienza, cioè della psicologia interpersonale, della teoria dei sistemi e della fisica quantistica, entrambe le posizioni sono piuttosto insostenibili. Si tratta, come al solito, di quelle concezioni contrapposte che sono tanto comuni nella nostra civiltà attuale.Oggi sembra più logico pensare in termini di mente-psiche-spirito: un’entità variabile e senza confini definiti, che si modifica nel tempo ed è caratteristica di tutti i sistemi oltre un certo livello di complessità. Sarà bene anticipare subito che tutti i sistemi viventi hanno un livello di complessità molto elevato. E’ evidente che, in questo quadro, dire che l’uomo ha l’anima e gli animali “non ce l’hanno” è privo di qualunque significato. Tutti i viventi sono anche senzienti, e tali sono anche molte entità naturali (ecosistemi, complessi di viventi, esseri collettivi, ecc.).
Guido Dalla Casa.
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